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XXVIII.

Orlando governar fece Rondello,
E ordinar per se la colazione:

Poi disse: abate, in voglio andare a quello
Che dette al mio caval con quel cantone,
Disse l'abate: come car' fratello
Consiglierotti sanza passione?
Io ti sconforto, baron, di tal gita;
Ch'io so che tu vi lascerai la vita.

XXIX.

Quel Passamonte porta in man tre dardi:
Chi frombe, chi baston, chi mazzafrusti;
Sai che giganti più di noi gagliardi
Son per ragion, che son anco più giusti;
E pur se vuoi andar fa che ti guardi,
Che questi son villan' molto e robusti.
Rispose Orlando: io lo vedrò per certo;
Ed avviossi a piè su pel deserto.

XXX.

Disse l'abate col segnarlo in fronte:
Va, che da Dio e me sia benedetto.
Orlando, poi che salito ebbe il monte.
Si dirizzò, come l'abate detto
Gli aveva, dove sta quel Passamonte:
Il quale Orlando veggendo soletto,
Molto lo squadra di dietro e davante:
Poi domandò, se star volea per fante.

XXXI.

E' prometteva di farlo godere.
Orlando disse: pazzo saracino,
Il vengo a te, com'è di Dio volere,
Per darti morte e non per ragazzino';

A'monaci suoi fatto hai dispiacere;
Non può più comportarti can mastino.
Questo gigante armar si corse a furia,
Quando sentì ch'e'gli diceva ingiuria.

XXXII.

E ritornato ove aspettava Orlando,
Il qual non s'era partito da bomba;
Subito venne la cordia girando,

E lascia un sasso andar fuor de la fromba,
Che in su la testa giugnea rotolando
Al conte Orlando, e l'elmetto rimbomba;
E'cadde per la pena tramortito;

Ma più che morto par, tanto è stordito.

XXXIII.

Passamonte pensò che fusse morto,
E disse: io voglio andarmi a disarmare:
Questo poltron per chi m'aveva scorto?
Ma Cristo i suoi non suole abbandonare,
Massime Orlando, ch'egli arebbe il torto.
Mentre il gigante l'arme va a spogliare,
Orlando in questo tempo si risente,
E rivocava e la forza e la mente,

XXXIV.

E gridò forte: gigante, ove vai?
Ben ti pensasti d'avermi ammazzato!
Volgiti a drieto, che, s'ale non hai,
Non puoi da me fuggir, can rinnegato:
A tradimento ingiuriato m'hai.
Donde il gigante allor maravigliato
Si volse a dietro, e riteneva il passo;
Poi si chinò per tor di terra un sasso.

XXXV.

Orlando avea Cortana ignuda in mano;
Trasse a la testa; e Cortana tagliava:
Per mezzo il teschio partì del pagano,
E Passamonte morto rovinava:

E nel cadere il superbo e villano
Divotamente Macon bestemmiava;

Ma mentre che bestemmia il crudo e acerbo,
Orlando ringraziava il Padre e'l Verbo.

XXXVI.

Dicendo: quanta grazia oggi m'ha data!
Sempre ti sono, o signor mio, tenuto;
Per te conosco la vita salvata;
Però che dal gigante era abbattuto:
Ogni cosa a ragion fai misurata;
Non val nostro poter sanza il tuo ajuto.
Priegoti, sopra me tenga la mano,
Tanto che ancor ritorni a Carlo Mano.

XXXVII.

Poi ch'ebbe questo detto s'andóe,
Tanto che trova Alabastro più basso
Che si sforzava, quando e'lo trovóe,
Di sveglier d'una ripa fuori un masso.
Orlando, com'e' giunse a quel, gridóe:
Che pensi tu, ghiotten, gittar quel sasso?
Quado Alabastro questo grido intende,
Subitamente la sua fromba prende.

XXXVIII.

E'trasse d'una pietra molto grossa,
Tanto ch'Orlando bisognò schermisse;
Bhe se l'avesse giunto la percossa,
Non bisognava il medico venisse.

Orlando adoperò poi la sur possa;
Nel pettignon tutta la spada misse:
E morto cadde questo badalone,
E non dimenticò però Macone.

XXXIX.

Morgante aveva al suo modo un palagio
Fatto di frasche e di schegge e di terra:
Quivi, secondo lui, si posa ad agio;
Quivi la notte si rinchiude e serra.
Orlando picchia, e daragli disagio,
Perchè il gigante dal sonno si sferra;
Vennegli aprir ceme una cosa matta;
Ch'un aspra visione aveta fatta.

XL.

E'gli parea ch'un feroce serpente
L'avea assalito, e chiamar Macometto;
Ma Macometto non valea niente:
Ond'e'chiamava Gesù benedetto;
E liberato l'avea finalmente.

Venne a la porta, ed ebbe così detto;
Chi buzza qua? pur sempre borbottando.
Tu il saprai tosto gli rispose Orlando.

XLI.

Vengo per fatti, come a'tuo' fratelli,
Far de' peccati tuoi la penitènzia,
Da' monaci mandato, cattivelli,
Come stato è divina providenzia:
Pel mal ch'avete fatto a torto a quelli,
E dato in ciel così questa sentenzia;
Sappi, che freddo gi più ch'un pilastro
Lasciato ho Passamonte e'l tuo Atros,

XLII.

Disse Morgante: o gentil cavaliere,
Per lo tuo Dio non mi dir villania:
Di grazia il nome tuo vorrei sapere!
Se se' cristian, deh dillo incortesia.
Rispose Orlando: di cotal mastiere
Contenterotti per la fede mia:
Adoro Cristo, ch'è Signor verace;
E puoi tu adorarlo, se ti place.

XLIII.

Rispose il saracin con umil voce:
Io ho fatto una strana visione,
Che m'assaliva un serpente feroce :
Non mi valeva per chiamar Macone;
Onde al tuo Dio che fu confitto in croce
Rivolsi presto la mia intenzione:
E' mi soccorse, efui libero e sano,
E son disposto al tutto esser cristiano.

XLIV.

Rispose Orlando: baron giusto e pio,
Se questo buon voler terrai nel core,
L'anima tua arà quel vero Dio
Che ci può sol gradir d'eterno onore;
E s'tu vorrai, sarai compagno mio,
E amerotti con perfetto amore:
Gi'idoli vostri son bugiardi e vani:
Il vero Dio è lo Dio de' cristiani.

XLV.

Venne questo Signor sanza peccato
Ne la sua madre vergine pulzella:
Se conoscessi quel Signor beato,

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