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Sanza'l qual non risplende sole o stella,
Aresti già Macon tuo rinnegato,
E la sua fede iniqua ingiusta e fella;
Battezzati al mio Dio di buon talento.
Morgante gli rispose: io son contento.

XLVI.

E corse Orlando subito abbracciare:
Orlando gran carezze gli facea,
E disse: a la badia ti vo' menare.
Morgante, andianci presto, rispondea:
Co'monaci la pace si vuol fare.
De la qual cosa Orlando in se godea,
Dicendo; fratel mio divoto e buono,
Io vò che chiegga a l'abate perdono.

XLVII.

Da poi che Dio ralluminato t'ha,
Ed acettato per la sua umiltade;
Vuoisi che tu ancor usi umiltà.
Disse Morgante: per la tua bontade,
Poi che il tuo Dio mio sempre omai sarà,
Dimmi del nome tuo la veritade,

Poi di me dispor puoi al tuo comando:
Ond'e' gli disse, com'egli era Orlando.

XLVIII.

Disse il gigante: Gesù benedetto
Per mille volte ringraziato sia;
Sentito t'ho nomar, baron perfetto,
Per tutti i tempi de la vita mia:
E, com'io dissi, sempremai suggetto
Esser ti vo' per la tua gagliardia.
Insieme molto cose ragionaro,
E'n verso la badía poi s'inviaro.

VOL. VI. сс

XLIX.

E per la via de que'giganti morti:
Orlando con Morgante sì ragiona:
De la lor morte vo'che ti comforti;
E poi che piace a Dio, a me perdona;
A' monaci avean fatto mille torti;
E la nostra scrittura aperto suona
Il ben remunerato, e'l mal punito:
E mai non ha questo Signor fallito.

L.

Però ch'egli ama la giustizia tanto,
Che vuol, che sempre il suo giudicio morda
Ognun ch'abbi peccato tanto o quanto;
E così il ben ristorar si ricorda:

E non saria sanza giustizia santo:
Adunque al suo voler presto t'accorda.

Che debbe ognun voler quel che vuol questo,
Ed accordarsi volentieri e presto.

LI.

E sonsi nostri dottori accordati,
Pigliando tutti una conclusione,
Che que' che son nel ciel glorificati,
S'avessin nel pensier compassione
De' miseri parenti, che dannati
Son ne lo inferno in gran confusione,
La lor felicità nulla sarebbe;

E vedi che qui ingiusto Iddio parebbe.

LII.

Ma egli anno posto in Gesù ferma spene;
E tanto pare a lor, quanto a lui pare;
Afferman ciò ch'e'fa, che facci bene,
E che non possi in nessun modo errare:

Se padre o madre è nèl'eterne pene,
Di questo non si posson conturbare:

Che quel che piace a Dio, sol piace a loro:
Questo s'osserva ne l'eterno coro.

LIII.

Al savio suol bastar poche parole,
Disse Morgante; tu il potrai vedere,
De' miei fratelli, Orlando, se mi duole,
E s'io m'accorderò di Dio al volere,
Come tu di' che in ciel servar si suole:
Morti co' morti; or pensiam di godere;
lo vo tagliar le mani a tutti quanti,
E porterolle a que' monaci santi,

LIV.

Acciò ch'ognun sia più sicuro e certo,
Com' e' son morti, e non abbin paura
Andar soletti per questo deserto;

E perchè veggan la mente pura

A quel Signor che m'ha il suo regno aperto,
E tratto fuor di tenebre sì oscura.

E poi tagliò le mani a' due fratelli,
E lasciagli a le fiere ed agli uccelli.

LV.

A la badía insieme se ne vanno,
Ove l'abate assai dubbioso aspetta;
I monaci che'l fatto ancor non sanno,
Correvano a l'abate tutti in fretta,
Dicendo paurosi e pien' d'affanno;
Volete voi costui drento si metta?
Quando l'abate vedeva il gigante,
Si Turbo tutto nel primo sembiante.

LVI.

Orlando che turbato così il vede,

Gli disse presto; abate, datti pace,
Questo è cristiano, e in Cristo nostro crede,
E rinnegato ha il suo Macon fallace.
Morgante i moncherin' mostrò per fede,
Come i giganti ciascun morto giace;
Donde l'abate ringraziavia Iddio,
Dicendo; or m'hai contento, Signor mio.

LVII.

E risguardava, e squadrava Morgante,
La sua grandezza e una volta e due,
E poi gli disse: O famosa gigante,
Sappi ch'io non mi maraviglio piùe,
Che tu svegliessi e gittassi le piante,
Quand'io riguardo or le fatteze tue;
Tu sarai or perfetto e vero amico
A Cristo, quanto tu gli eri nimico.

LVIII.

Un nostro apostol, Saul già chiamato,
Perseguì molto la fede di Cristo:
Un giorno poi da lo spirto infiammato,
Perchè pur mi persegui? disse Cristo:
E'si ravvide allor del suo peccato:
Andò poi predicando sempre Cristo;
E fatto è or de la fede una tromba,
La qual per tutto risuona e rimbomba.

LIX.

Cosi farai tu ancor, Morgante mio:
E chi s'emenda, è scritto nel vangelo,
Che maggior festa fad'un solo Iddio,

Che di novantanove altri su in cielo:
Io ti conforto ch'ogni tuo disio
Rivolga a quel Signor con giusto zelo:
Che tu sarai felice in sempiterno,
Ch'eri perduto, e dannato a l'inferno.

LX.

E grande onore a Morgante faceva
L'abate, e molti dì son posati:
Un giorno, come ad Orlando piaceva,
A spasso in qua e in là si sono andati:
L'abate in una camera sua aveva
Molte armadure e certi archi appiccati:
Morgante gliene piacque un che ne vede;
Onde e' sel cinse bench'oprar nol crede.

LXI.

Avea quel luogo d'acqua carestia:
Orlando disse come buon fratello:

Morgante, vo' che di piacer ti sia

Andar per l'acqua ; ond'e rispose a quello:
Comanda ciò che vuoi che fatto sia;
E posesi in ispalla un gran tinello,
Ed avviossi là verso una fonte

Dove solea ber sempre appiè del monte.

LXII.

Giunto a la fonte, sente un gran fracasso

Di subito venir per la foresta:

Una saetta cavò del turcasso,

Posela a l'arco, ed alzava la testa:
Ecco appariri un gran gregge al passo
Di porci, e vanno con molta tempesta;
E' arrivorno a la fontana appunto
Donde il gigante è da lor sopraggiunto.

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