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Salve magna parens frugum Saturnia tellus,
Magna virum ! tibi res antiquae laudis et artis
Aggredior, fanétos aufus recludere fontes.

VIRG. Georg. 2.

MENTRE, Signor, l'ombre villesche attragonvi,

E di Britannia dagli ufici toltovi

Non piu, ch' a fuoi ingrati figli piaccia
Per lor vantaggio, vostro ozio immolate;
Me in efteri regni il fato invia
Entro genti feconde in carmi eterni,

U la dolce stagion, e'l vago clima

Fanno, che voftra quiete in verfi io turbi.
Ovunque io giri i miei rapiti lumi,

Scene auree,

liete, e chiare viste inalzansi, Attornianmi poetiche campagne,

Parmi ognor di calcar claffico fuolo;

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* By the Abbot Anton. Maria Salvini, Greek Professor at Florence.

Sì fovente ivi Mufa accordò l' arpa,
Che non cantato niun colle forgevi,
Celebre in verfi ivi ogni pianta crefce,
E in celefte armonia ciascun rio corre.
Come mi giova a cercar poggi e boschi
Per chiare fonti, e celebrati fumi!
Alla Nera veder fiera in fuo corfo,
Tracciar Clitumno chiaro in fua forgente!
Veder condur fua fchiera d'acque il Mincio
Per lunghi giri di feconda ripa!

E d'Albula canuta il guado infetto

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Suo caldo letto di fumante folfo!

Di mille eftafi accefo, io fopraveggio

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Correre il Po per praterie fiorite

De fiumi re, che fovra i pian fcorrendo,
Le torreggianti Alpi in natia muraglia
Della metà di loro umore afciuga;
Superbo, e gonfio dell' hiberne nevi
L'abbondanza comparte ov' egli corre.
Talor fmarrito dal drappel fonoro,

1 rii rimiro immortalati in canto,

Che giaccionfi in silenzio, e obblio perduti,
(Muti i lor fonti son, secche lor vene)
Pur, per fenno di Muse, ei fon perenni,
Lor mormorio perenne in terfi carmi.

Talora al gentil Tebro io mi ritiro,
Le vote ripe del gran fiume ammiro,
Che privo di poter fuo corfo tragge

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G

D'una grette urna, e sterile sorgente;

Pur fuona ei nelle bocche de poeti,

Sicche 'l miro al Danubio e al Nil far fcorno;
Così Mufa immortale in alto il leva!

Tal' era il Boin, povero ignobil fiume,
Che nelle Hiberne valli oscuro errava,
E inoffervato in fuoi giri feherzava,
Quando per voftri verfi, e per la spada
Di Nafsò, rinomato, l' onde fue
Levate in alto per mondo rifuonano,
Ovunque dello eroe le divin' opre,

E ove andrà fama d' immortal verfo.
Oh l'eftatico mio petto inspiraffe
Mufa con un furor fimile al voftro,
Infinite bellezze avria 'l mio verfo,

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Cederia di Virgilio a quell'Italia!

Mira quali auree felve attorno ridonmi! Che della tempestosa di Britannia

Ifola sì ne fchivano la cofta;

O trapiantate, e con pensier guardate,
Maledicon la fredda regione,

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E nell' aria del norte illanguidifcono

Calor dolor it montante umor ne lievita

A nobil gufti e pin efaltati odori ;
Rozze ancor rupi molle mirto menano
Ricco profumo, pefte erbette olezzano.
Portimi, un dio, di Baia a i. gentil seggi,
One verdi ritiri d'Umbria traggani,

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Ove i ponenti eterna han residenza,
Tutte Stagioni lor pompa profondono;
Germogli, e frutti, e fiori, infieme allegano,
E in gaia confufion sta l'anno tutto.

Glorie immortali in mia mente rivivono, Combatton nel cuor mio ben mille affetti,

Allorache di Roma l'efaltate

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Bellezze giu giacerfi io ne difcuopro,

Magnificenti in moli di ruine.
D' anfiteatro una stupenda altezza
Di terror miriempie e di diletto,
Che Roma ne fuoi pubblici spettacoli
Difpopolava, e nazioni intere
Agiatamente in fuo grembo capia:
Paffanvi i ciel colonne afpre d' intaglio,
Di trionfo fuperbi archi là forgono,
U de prischi Roman l' immortal' opre ·
Difpiegate alla vista ognor rinfacciano
La vile loro tralignata ftirpe:
Qui tutti e fiumi lascian giu lor piani,
Per aerei condotti in alto corrono.

Sempre a novelle scene mia vagante
Mufa sì si ritragge, e muta ammira
L'alto spettacol d' animate rupi,
Ove mostrò fcalpel tutta fua forza,
Ed in carne addolci feabrofo faffo.
In folenne filenzio, in maestade

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Eroi ftannofi, e Dei, e Roman Confoli::

Torvi tiranni, in crudeltà famofi,

E imperadori in Pario marmo acciglianfi;
Mentre dame brillanti, a cui con umile
Servitù ftan foggetti, ognora mostrano
I vezzi, che gli altieri cuor domaro.
Volentieri io vorria di Raffaele
Contar l'arte divina, e far vedere
Gl' immortali lavori nel mio verfo,
Là ve da mifta forza d'ombre, e luce
Nuova creazion forge a mia vista;
Tai celefti figure efcon da fuo
Pennello, e i mefticati fuoi colori

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Paffeggianti, e in fonori labirinti;
Cupole e templi s' alzan la in distanti
Vedute, ed in palagi aperti, ed ampli
A celebrargli invitano la Mufa.

Come indulgente Cielo adornò mai
La fortunata terra, e fovra quella
Verfò benedizioni a piena mano!
Ma che vaglion le lor dovizie eterne,
Fioriti monti, e foleggiate rive,

Con tutti don che cielo e fuol compartono,

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